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Flessibilità aziendale, un’opportunità per aziende e lavoratori

La flessibilità aziendale è sempre stato un sogno nel cassetto dei lavoratori e oggi è un’esigenza conclamata da studi e ricerche. In Italia oltre la metà dei lavoratori non vuole l’orario fisso e sogna maggiore autonomia nell’organizzazione dei tempi di lavoro all’insegna della flessibilità aziendale.

Anche le aziende hanno potuto di fatto confrontarsi con una nuova modalità lavorativa che fino a quel momento solo i paesi europei più moderni applicavano da tempo.

Lo smart working e le definizione varie legate a nuovi modelli di lavoro flessibili continuano ancora oggi ad essere un tema caldo al centro del dibattito pubblico, così come di due visioni aziendali opposte che propendono rispettivamente o per un ritorno al tradizionale modello di lavoro in presenza o per l’innovazione all’insegna della flessibilità aziendale. Quello che pensa la maggioranza dei lavoratori che svolgono mansioni replicabili anche da casa è ormai chiaro a livello globale: la flessibilità aziendale è l’opzione preferita, che si tratti di orari o della possibilità di mixare ufficio e remoto.

La flessibilità aziendale e il punto di vista dei lavoratori

In Italia oltre la metà dei lavoratori non vuole l’orario fisso e sogna maggiore autonomia nell’organizzazione dei tempi di lavoro all’insegna della flessibilità aziendale.

Questo dato specifico emerge da “What Workers Want”, un’indagine condotta da ManpowerGroup, agenzia per il lavoro multinazionale, e Thrive, azienda che offre soluzioni tecnologiche per l’evoluzione dei comportamenti. La ricerca condotta su 5 mila dipendenti in cinque Paesi (Australia, Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) indaga cosa significhi davvero realizzarsi sul lavoro.

Quanto è importante la flessibilità lavorativa

Il sogno dei lavoratori è la flessibilità al lavoro. Secondo appunto la ricerca “What Workers Want” nel nostro Paese smartworking e lavoro dal remoto sono importanti per il 96% degli intervistati anche se con declinazioni diverse. Per il 51% l’orario di lavoro fisso va superato mentre il 17% vorrebbe lavorare 4 giorni alla settimana  e per farlo sarebbe disposto a rinunciare anche a un giorno di stipendio. Il 59% dei lavoratori vorrebbe poi la settimana lavorativa da quattro giorni a orari compressi ma paga piena. Il 38% vorrebbe scegliere dove lavorare (in sede o a casa) in base alle esigenze quotidiane usufruendo quindi di una flessibilità aziendale piena nell’organizzazione del lavoro.

Flessibilità del lavoro sì ma senza stress

Per i lavoratori è fondamentale lavorare in un ambiente sano.

La fiducia nei colleghi è giudicata importante dall’82% dei lavoratori italiani, seconda solo all’equità della retribuzione (88%) e alla sicurezza delle condizioni di lavoro (87%), mentre la fiducia nei leader è stata giudicata un requisito necessario da più di due terzi degli intervistati (69%). Inoltre, le persone vogliono lavorare per aziende con cui condividono valori e convinzioni (69%), e il 73% cerca un significato personale nel proprio lavoro quotidiano.

La salute mentale sul posto di lavoro

Dal 2020 il tema del benessere emotivo e della sanità mentale in azienda sono diventati di primaria importanza, molto sentito dai lavoratori ma preso seriamente in considerazione anche dalle aziende di una certa dimensione.  La pandemia ha infatti acceso i riflettori sull’importanza della salute mentale nei luoghi di lavoro.

Secondo la ricerca condotta da ManpowerGroup i livelli di stress in Italia sono diminuiti rispetto al picco della pandemia (dal 42% al 36%), ma sono ancora superiori a quelli precedenti al marzo 2020 (29%). Nonostante la maggior consapevolezza dell’importanza del benessere mentale, e l’aumento degli investimenti nel settore dall’inizio della pandemia, il 38% dei lavoratori non ha approfittato delle risorse offerte sul posto di lavoro o ne ignora l’esistenza. Segno che su questo fronte serve un cambio di passo anche culturale.

Flessibilità sul lavoro e l’esempio Kellog

A conferma ulteriore di quanto appena illustrato circa la flessibilità aziendale  Kellogg, insieme a Ipsos, si è lanciata in una ricerca che ha coinvolto 800 italiani (25-64 anni), che hanno utilizzato lo smart working negli ultimi 12 mesi.

L’84% degli intervistati predilige lavorare in modalità flessibile: tra questi, il 29% predilige la possibilità di andare in ufficio quando si desidera mentre il 47% tra i 2 e i 4 giorni a settimana. Il 70% degli intervistati nella fascia di giovani tra i 25-34 anni crede che una eguale suddivisione tra tempo lavorativo in ufficio e da remoto permetta una giusta work-life balance; la percentuale sale al 72% nella fascia di età 35-44 anni.

Il lavoro in ufficio rappresenta la modalità di lavoro preferita quando si parla di integrazione per i nuovi arrivati (68%), vita sociale con i colleghi (67%) o lavoro di squadra (59%). Percentuali che salgono ulteriormente nella fascia di età 55-64 anni.

Tra gli svantaggi citati rispetto al lavoro da casa vi sono infatti la perdita della relazione sociale con i colleghi e la solitudine per il 28% degli intervistati. La metà degli intervistati ritiene infine che il lavoro da remoto al 100% abbia un impatto negativo sulle possibilità di sviluppo personale (54%) e della propria carriera (50%).

Proprio sulla base di questi risultati la stessa Kellogg ha lanciato il programma Locate For Your Day, che da un lato riporta i dipendenti in sede dopo due anni di pandemia, ma dall’altro promuove una formula di lavoro flessibile orientata verso una suddivisione al 50% tra tempo lavorativo in ufficio e a distanza.

Nell’ambito delle esigenze emerse dalla ricerca dell’azienda americana, la formula sembra infatti essere quella vincente per favorire l’armonia tra vita privata e professionale, rispondendo altresì al bisogno di socialità e confronto diretto che gran parte dei lavoratori manifesta (certo, questo significa anche che il luogo di lavoro la socialità e il confronto deve poi effettivamente favorirli).

La gestione pratica della flessibilità aziendale

Insomma tornare ad una situazione lavorativa pre pandemia è un’ipotesi ormai remota. E le aziende, oltre ad aver irreversibilmente cambiato approccio sulla flessibilità aziendale, si sono organizzate affichè l’ufficio risorse umane possa gestire operativamente il lavoro in presenza e assenza dei dipendenti in maniera agevole.

I software rilevazione presenze si sono infatti evoluti grazie all’arricchimento con funzionalità che permettono da una parte ai lavoratori che usufruiscono della flessibilità aziendale di timbrare virtualmente e segnalare la loro presenza da remoto, dall’altra alle risorse umane di verificare appunto l’operatività.

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